Intelligenza artificiale e malattie della retina

07 Ott 22

Intelligenza artificiale per una diagnosi precoce delle malattie della retina

Nei prossimi anni assisteremo ad un aumento del numero di patologie croniche, pensiamo per esempio in ambito oftalmologico alla degenerazione maculare legata all’età, a fronte di una limitata disponibilità di medici specialisti in grado di effettuare diagnosi precoci.

In questo scenario l’intelligenza artificiale è destinata ad affermarsi rapidamente nei programmi di screening, nei trials clinici, per supportare le diagnosi mediche in ambito radiologico e valutare eventuali terapie.

Le applicazioni oftalmologiche dell’intelligenza artificiale

In ambito oftalmologico, considerato il ruolo predominante del multimodal imaging e conseguentemente l’elevato numero di immagini da elaborare, l’utilizzo di programmi basati sull’intelligenza artificiale e in particolar modo sul deep learning può esserci di aiuto nella pratica clinica aiutandoci a formulare una diagnosi corretta ed analizzando in tempi brevi un’ampia pletora di informazioni.

Il deep learning, è parte del machine learning che a sua volta costituisce una parte dell’intelligenza artificiale e si basa sull’utilizzo di reti neurali artificiali organizzate in diversi strati grazie ad un training dataset.

Tra queste il CNN (convolution neural network) costituisce il sottotipo di deep learning maggiormente utilizzato in medicina ed in particolare in oftalmologia.
 

Il deep learning e lo studio della retina

Il campo di applicazione dell’intelligenza artificiale maggiormente promettente in ambito oculistico è quello della retina. Nell’era precedente l’utilizzo dell’intelligenza artificiale le decisioni diagnostiche, completamente affidate al clinico, erano basate sull’individuazione ed il riconoscimento di caratteristiche cliniche patologiche nel singolo paziente che differenziavano una retina sana da una retina malata.

Oggi l’utilizzo dei sistemi intelligenti permette di discriminare la presenza/assenza di una patologia sulla base dell’identificazione di biomarkers, osservati non più solo oftalmoscopicamente, e tenendo conto dei dati di popolazione estrapolati da numerose banche dati.

I software di deep learning, sono infatti in grado di riconoscere e rilevare autonomamente alterazioni retiniche del fondo oculare di determinate patologie grazie all’utilizzo di banche dati di centinaia di immagini a colori e sulla base di quanto appreso durante il processo di training.
In letteratura scientifica numerosi sono gli studi che hanno valutato le performance di algoritmi di intelligenza artificiale nello screening e nella diagnosi delle patologie retiniche.

Liu e collaboratori nel 2011 hanno sviluppato un primo software di machine learning in grado di distinguere scansioni OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) di una macula sana e di tre differenti patologie maculari (fori maculari, edema maculare e degenerazione maculare legata all’età) con un’elevata sensibilità e specificità.

Successivamente, nel 2016, sono stati utilizzati dei sistemi di deep learning in grado di individuare la presenza o assenza di edema maculare diabetico e di discernere tra altre cause di accumulo di fluido intra e sottoretinico mediante ricostruzione di immagini 3D.6 In seguito, l’impiego dell’intelligenza artificiale è stato esteso anche ad altre patologie come la degenerazione maculare legata all’età (DMLE), la retinopatia del prematuro (ROP) e le pseudodrusen reticolari.

Ad oggi le applicazioni dei sistemi intelligenti di deep learning in ambito retinico sono numerose e possono essere utili sia per lo screening di una determinata patologia, che per la sua identificazione e stadiazione.
Per quanto concerne la DMLE esistono algoritmi in grado di individuare la patologia mediante l’analisi delle fotografie a colori del fondo oculare così come software in grado di stadiare la malattia distinguendo tra la forma essudativa e la forma atrofica.

Inoltre, è stata descritta mediante l’applicazione di sistemi intelligenti la possibilità di migliorare automaticamente la segmentazione OCT degli strati retinici e pertanto localizzare precisamente la fovea e successivamente individuare la presenza di fluido, di drusen, emorragie, essudati, distacchi dell’epitelio pigmentato ed anomalie dell’ellissoide.

In aggiunta le lesioni retiniche, come drusen, neovascolarizzazioni coroideali ed aree di atrofia, oltre ad essere individuate e localizzate, possono anche essere automaticamente misurate con l’obiettivo di rendere il software in grado di quantificare il rischio di progressione della DMLE per ogni singolo paziente.

Nel 2020 Peng Y e collaboratori hanno sviluppato un algoritmo, basato sia sul deep learning che sull’analisi di sopravvivenza, in grado di predire, con un’elevata sensibilità e specificità, la probabilità di progressione ad una forma tardiva di DMLE mediante un’analisi di oltre 80.000 immagini di 3298 partecipanti del trial clinico Age-Related Eye Disease Studies (AREDS e AREDS2).
 
Il deep learning è stato inoltre applicato all’esame OCT per valutare automaticamente la presenza/assenza di fluido intraretinico e sottoretinico con lo scopo di definire lo stato di attività delle membrane neovascolari e semplificare al clinico l’approccio terapeutico.
 
Infine, l’intelligenza artificiale è oggi di gran lunga utilizzata nei trial clinici, nella raccolta di dati demografici, per valutare la progressione di una patologia retinica ed analizzare i risultati di eventuali trattamenti.

L’intelligenza artificiale e l’Angiografia OCT

Recentemente i software di deep learning, basati sulle CNN, sono stati applicati ed integrati all’angiografia OCT (OCTA), con l’obiettivo di migliorare la qualità delle immagini dei plessi vascolari retinici e coroideali. In particolare, l’intelligenza artificiale, al momento disponibile solo su alcuni OCTA, è in grado di aumentare il potere di definizione e la caratterizzazione delle lesioni vascolari, con un risultato superiore o uguale a quello ottenuto da una media di scansioni angiografiche mediante un processo di denoising, volto ad eliminare il cosiddetto “rumore di fondo”.


Tra questi software, l’intelligent denoise, basato sul deep learning, è in grado di processare le immagini OCTA preservando le caratteristiche dei plessi vascolari e fornendo immagini ad alta definizione in pochi secondi, con un risultato analogo a quello ottenuto da una media di dieci scansioni OCTA ma in tempi più brevi.15,16 Mc Grath e collaboratori hanno osservato in particolar modo un considerevole miglioramento nella rappresentazione delle immagini OCTA del plesso vascolare superficiale della retina rispetto al profondo.


È in fase di studio inoltre una nuova tecnologia intelligente denominata flow fusion, in grado di combinare fino a dieci scansioni OCTA migliorandone la qualità e riducendo gli artefatti da movimento. Questo software è in grado di estrapolare le informazioni dei plessi vascolari retinici superando gli ostacoli dovuti a corpi mobili vitreali o opacità dei mezzi diottrici. Al momento tuttavia richiede dei tempi eccessivamente lunghi per l’acquisizione delle immagini dimostrandosi non particolarmente utile nella pratica clinica.

 Il futuro dell’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale sicuramente caratterizzerà sempre di più la nostra vita ed in futuro probabilmente la pratica clinica del medico e dell’oculista. Numerosi sono i vantaggi che a colpo d’occhio si presentano anche all’operatore meno esperto, quali:

  • Lo screening ed eventualmente la diagnosi di patologie retiniche può essere indipendente dall’operatore
  • Risparmio di tempo e di costi
  • Miglioramento della qualità delle immagini
  • Utilità per i trials clinici
  • Rapida interpretazione del multimodal imaging

Tuttavia, non sono da sottovalutare i potenziali svantaggi, quali:

  • Inadeguato processo di apprendimento
  • Aspetti medico-legali
  • Privacy dei dati e del paziente
  • Operatori dequalificati
  • Valutazione esclusivamente oggettiva e depersonalizzata del paziente

Prima di tutto per rendere i sistemi intelligenti sicuri nel riconoscimento di una determinata patologia o addirittura nella scelta terapeutica è necessario elaborare degli algoritmi complessi basati su un accurato training e su un’ampia pletora di informazioni (immagini del fondo oculare, scansioni OCT, immagini OCTA) al fine così di ridurre potenziali bias.

Qualora il processo di apprendimento fosse avvenuto in maniera errata, automaticamente verrebbe meno l’abilità del software nell’individuare una specifica lesione e/o una determinata patologia.

Sono da considerare inoltre le implicazioni medico-legali in caso di fallimento diagnostico. È corretto ritenere in questi casi l’oculista l’unico responsabile?

Ed infine, oltre il rischio di operatori deskilled, forse una delle conseguenze più temibili è rappresentata dalla perdita della visione olistica del paziente, che tenga pertanto conto non solo della diagnosi e della scelta terapeutica più accurata ma anche delle condizioni sociali e psicologiche dell’individuo.

In particolar modo per quanto concerne la decisione terapeutica qualora questa fosse mero appannaggio dei sistemi intelligenti, ci troveremmo di fronte al rischio di perdita del rapporto medico-paziente e del ruolo necessario della clinica ai fini della formulazione della diagnosi e conseguentemente del trattamento.

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